All'inizio dell'anno, ho letto il romanzo di Domenico Starnone, Scherzetto. Durante la lettura, non ho potuto fare a meno di pensare a Giro di vite di Henry James. Qui, alcune delle riflessioni che mi ha suscitato.
Croce e delizia di tanti; talvolta putti, talaltra demonietti. Nei secoli, la rappresentazione dei bambini in letteratura è mutata — dal pensarli come creature di secondo livello, a esseri umani con una dignità, come hanno fatto Montaigne e Rousseau. La fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, però, tra psicoanalisi e guerre mondiali, segna una svolta: i libri che esplorano la malvagità dei bimbi o il loro carattere inquietante fioccano. Oggi ne prendo due (per la precisione, un racconto lungo e un romanzo), in apparenza molto diversi, che dei fanciulli dipingono un ritratto inquietante: Giro di vite (H. James, 1898) e Scherzetto (D. Starnone, Einaudi, 2016).
I protagonisti di entrambi i romanzi si ritrovano prigionieri di creaturine apparentemente innocue. Il punto di vista, però, è molto diverso. Di seguito, il confronto tra le due opere:
- Entrambi gli adulti sono "estranei" per i ragazzini: la protagonista di Giro di vite è un'istitutrice assunta per educare Miles e Flora (rapporto professionale). Daniele, l'illustratore protagonista del romanzo di Starnone, è il nonno di Mario (rapporto di sangue), ma, avendolo sempre evitato, non ha costruito un vero rapporto con lui.
- i due personaggi principali adulti sono svantaggiati rispetto ai bambini per il semplice fatto di introdursi dall'esterno nel loro "regno".
- altro svantaggio degli adulti è, prevedibilmente, la loro età (lei è una giovane donna che ha qualcosa da dimostrare professionalmente, lui un anziano con problemi di memoria e difficoltà di movimento).
Giro di vite è però una "storia di fantasmi", in cui l'unreliable narrator vede motivi oscuri dietro ai gesti anodini dei bimbi. Le visioni della donna, le frasi ambigue dei ragazzi conferiscono al romanzo la caratteristica perturbante che ne fa la forza. L'istitutrice si ritrova ad affrontare delle forze più grandi di lei (che siano degli effettivi spiriti o la sua malattia mentale).
Di fantasmi, in Scherzetto, non vi è traccia (se non nel racconto di James che Daniele deve illustrare e che, in effetti, costituisce una sorta di mise en abyme del romanzo). Mario (che nome adulto, vero? Lo dice anche Daniele) diventa pericoloso nel momento in cui, con un gesto ingenuo, intrappola il nonno sul balcone. Nelle pagine precedenti, Daniele ha notato infastidito la "maturità" del bambino di tre anni, la sua proprietà lessicale, la sua autonomia. Lo ha infastidito soprattutto come riflesso di se stesso da giovane, quando ancora, potenzialmente, sarebbe diventato Qualcuno. Mario è l'Altro perturbante in quanto riflesso di Daniele. Un riflesso che cerca, senza poterlo sapere, senza poterlo fare con consapevolezza, di ucciderlo.
Che paura i bambini.

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